
Articolo di Luca Di Criscio
25/10/2022
ENGLISHMAN IN MILAN
Per un artista della vecchia guardia non è mai facile sopravvivere alla propria epoca artisticamente parlando e mantenere contemporaneamente successo e dignità. Le ragioni possono essere sia storico-culturali, perché autori che hanno operato in un certo contesto musicale del passato non sentono il bisogno di muoversi da quel territorio, sia biologici, poiché con l’avanzare dell’età vengono sempre meno le facoltà mentali e fisiche. Bene, questo discorso è valido per molti, ma non per Sting. Il bassista e cantante inglese a 71 anni è ancora in grado di produrre dischi validi (l’ultimo “The Bridge” è stato pubblicato nel 2021) e di condurre tour mondiali di alto livello. L’ultimo di questi ha fatto tappa anche al Mediolanum Forum di Assago.
Dopo l’apertura lasciata all’erede artistico di Sting nonché figlio Joe Sumner, che ha dimostrato notevoli abilità tanto con la voce quanto con la chitarra, egli cede il palco a papà Gordon, che sale sul palco con il suo fedele basso, accolto da un’ovazione del pubblico milanese. L’inizio è di quelli che lasciano il segno: “Message In A Bottle” infiamma la platea e mette subito in chiaro che l’artista inglese ha tutt’altro che rinnegato il repertorio della sua vecchia band. Il grande classico dei Police viene subito seguito da altri due pezzi da novanta quali la raffinatissima “Englishman In New York” e la scoppiettante “Every Little Thing She Does Is Magic”. Già da questo primo frangente di concerto si nota evidentemente come Sting sia in uno stato di grande forma, come dimostra il fatto che egli era in continuo movimento sul palco mentre si destreggiava abilmente tra basso e voce. Inoltre, l’artista britannico, fermatosi un momento per salutare il suo pubblico, ha dimostrato una buona padronanza dell’italiano dialogando con i fan più di quanto la maggior parte degli artisti internazionali avrebbe mai fatto e presentando i successivi brani. È il momento di fare un salto nel presente con una tripletta tratta dall’ultimo album in studio “The Bridge”, aperta dal singolo trainante del nuovo disco “if It’s Love” e dal suo caratteristico fischiettio che esegue la melodia principale.
I brani scorrono via veloci ed è subito tempo di tuffarsi nuovamente nel passato con grandi classici come “If I Ever Lose My Faith In You” e la delicatissima “Fields Of Gold”, salvo poi dedicare una nuova parentesi al presente con uno dei brani meglio riusciti della serata: “Brand New Day” regala attimi di divertimento puro per il pubblico che sulle note di questo irresistibile brano non può fare a meno di battere il piede e muovere la testa a tempo. Degna di nota qui è anche la prestazione del giovanissimo armonicista Shane Sager, che ha eseguito alla perfezione la parte originariamente suonata da un mostro sacro come Stevie Wonder, determinato com’era a non farlo rimpiangere in seguito ad un simpatico siparietto con Sting, il quale sosteneva che egli non potesse essere in grado di replicare la parte. Siamo in una fase del concerto molto intensa, nella quale trova posto un’autentica perla come “Shape Of My Heart”, la cui esecuzione è letteralmente da brividi e crea un’atmosfera magica che rapisce il pubblico intero. La versione proposta da Sting, inoltre, strizza l’occhio al presente, poiché contiene un inserto del famoso brano del rapper Juice WRLD “Lucid Dreams”, che fa uso di un campionamento tratto dal capolavoro del musicista britannico, affidato alla voce del corista Gene Noble, che si gode il suo momento di gloria.
Ci si comincia ad avviare verso la fine di questo concerto e ciò vuol dire una sola cosa: Police. Sting inaugura una lunga carrellata di brani tratti dal repertorio della sua storica band con l’iconica “Walking On The Moon” e passando attraverso una serie di classici indimenticabili arriva rapidamente alla conclusiva e immortale “Every Breath You Take”, brano più atteso dal pubblico, che prontamente lo esegue in coro con l’artista britannico.

Dopo essersi concesso davvero poche pause durante la serata suonando molti brani in sequenza uno dopo l’altro, Sting scende dal palco per una manciata di minuti per poi tornare sul palco e regalare ai fan ancora qualche brano del suo immenso catalogo. La sua scelta ricade su “Roxanne”, primo grande successo dei Police eseguito per l’occasione in una veste tutta nuova, ma soprattutto su “Fragile”. “Questa canzone è per le persone dell’Ucraina” afferma il cantante inglese prima di imbracciare la sua chitarra classica e lanciarsi nell’esecuzione di questo brano toccante, delicato e immortale, che mostra le grandi abilità di Sting come strumentista e suggella alla perfezione una serata indimenticabile.
La sensazione che si prova all’uscita dal palazzetto è di piena soddisfazione: il bassista britannico ha offerto uno spettacolo curato in ogni minimo dettaglio, che è riuscito a viaggiare tra i classici e le nuove produzioni dell’artista valorizzando queste ultime, ma tenendo comunque conto dei gusti del pubblico e non omettendo quasi nessuno dei brani più amati dai fan. Musicalmente parlando, poco c’è da dire di Sting, che ancora una volta ha dimostrato le sue grandi doti da cantante e strumentista: nonostante l’età, che ha portato a dover rivedere le tonalità di molti dei brani dei Police, divenuti troppo alti col passare degli anni, l’artista inglese è stato in grado di sostenere più di un’ora e mezza di concerto in piedi, camminando sul palco in lungo e in largo e cantando e suonando simultaneamente. La band che lo ha accompagnato è stata altrettanto brava nel riprodurre le sonorità dei brani, mostrando anche spiccate doti individuali come evidenziato in precedenza. Unica nota di leggero disappunto è stata la performance del batterista Zach Jones, che suo malgrado non ha potuto replicare il drumming unico di un talento autentico come Stewart Copeland (batterista dei Police), ma che nel complesso non ha sfigurato affatto.
Lo stato di forma e la freschezza di questo Sting impressionano e fanno ben sperare per il futuro, che con buone probabilità potrà riservarci ancora nuovi lavori e, chi può dirlo, magari anche un nuovo tour, ma per ora è il momento di dire arrivederci al nostro amato Englishman passato solo per una breve visita nel bel paese.
SETLIST
Message In A Bottle
Englishman In New York
Every Little Thing She Does Is Magic
If It’s Love
For Her Love
Rushing Water
If I Ever Lose My Faith In You
Fields Of Gold
Spirits In The Material World
Brand New Day
Shape Of My Heart
What Could Have Been
Whenever I Say Your Name
Walking On The Moon
So Lonely
Desert Rose
King Of Pain
Every Breath You Take
Roxanne
Fragile
Articolo di Luca Di Criscio